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Giovedì, 25 Aprile 2024
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La battaglia per la vita di Armando

La battaglia per la vita di Armando

Una storia di buona sanità giunge dal Salento.

La testimonianza diretta è di Armando Pagano, 35enne di Copertino, marito e padre, che racconta di quanto l’esistenza umana possa essere imprevedibile, tormentata dai momenti difficili della malattia, ma soprattutto rigenerata dalla gioia di una vita nuova grazie alla capacità e umanità di medici, infermieri e operatori sanitari, dell’ospedale “Vito Fazzi” di Lecce e del polo oncologico “Giovanni Paolo II”.

Un calvario durato circa 18 mesi, che finalmente porta ora l’uomo a intravedere la luce senza viaggi della speranza, nella sua terra tra gli affetti più cari e che riconosce la giusta professionalità ad una sanità locale spesso maltrattata.

“La mia storia medica ha inizio circa 2 anni – rivela Armando Pagano - e sono felice di viverla in Salento, dove ho trovato una “seconda famiglia” composta da una equipe di professionisti capaci e umanamente encomiabili.

Tutto ha avuto inizio da un normale infortunio in casa nel luglio del 2017, da quel momento ho iniziato ad avvertire dolori articolari al petto. I successivi controlli sanitari effettuati dal mio medico curante, il dottore Pando, mi portarono al ricovero al “Vito Fazzi” di Lecce per ulteriori accertamenti clinici. Era il 9 ottobre, ed iniziò così la mia lotta per la vita, racconta l’uomo.

Fui ricoverato nel reparto di Nefrologia, diretto dal dottore Marcello Napoli, e in pochi giorni, dopo molteplici analisi, mi venne diagnosticato il mieloma multiplo, un tumore del midollo osseo. Una diagnosi terribile, che venne comunicata prima a mia moglie Tania e poi a me. La notizia mi fece crollare il mondo addosso, prosegue Armando - io che ero abituato ad essere indipendente, iperattivo tra lavoro, famiglia e palestra, ero costretto a letto con la paura della morte.

In breve tempo, iniziai le cure e poi venni trasferito nel reparto di ematologia del polo oncologico, diretto dal primario Nicola Di Renzo. Un ambiente asettico per prassi, tutto sembrava sigillato – ricorda il giovane padre - i contatti col mondo esterno erano limitati, e in quei 51 giorni di permanenza, lontano da mio figlio Karol, potevo solo vedere mia moglie per un paio di ore al giorno. Psicologicamente accettare i trattamenti di dialisi e chemioterapia, è stata una battaglia durissima. Ero un paziente impaziente. Poi sono iniziati gli interventi. Un primo, l’uno novembre 2017, alla struttura ossea della gamba per stabilizzare il fisico. Poi nel maggio 2018, il primo trapianto autologo di midollo con cellule staminali e dopo un mese finalmente le prime buone notizie. La terapia iniziava a dare i primi esiti sperati, sottolinea Armando. E così, ad ottobre dello stesso anno, ho effettuato un secondo “autotrapianto” di midollo. A distanza di mesi mi sento bene, sono in attesa dei nuovi risultati e seguo un trattamento di consolidamento sanitario che lascia ben sperare.

Ora guardo al futuro fiducioso. Aver ripreso la quotidianità tra gli affetti più cari è già una prima vittoria in questa battaglia per la vita”.

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