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Venerdì, 29 Marzo 2024
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Carmiano: San Vito protettore “Vox populi”

Carmiano: San Vito protettore “Vox populi”

Tra Storia, leggenda e fede: San Vito è protettore legittimo di Carmiano? Da quanto tempo si celebrano festa civica e fiera? Due domande sempre più ricorrenti che “Vivi Citt@” ha posto al professore Mario Spedicato, docente Università del Salento.    

“Non c'è un atto canonico attualmente che dice che San Vito è coprotettore di Carmiano - chiarisce Spedicato. Significa che non esiste ad oggi, secondo le leggi della Chiesa, un processo istruttorio avviato dal clero o dai Sindaci di Carmiano per il protettorato civico. Atto esistente invece per l'Immacolata, risalente ad inizio '700.

San Vito quindi è coprotettore Vox Populi, per devozione del popolo che si è imposto.

Il culto di San Vito si diffonde e si afferma nel mezzogiorno e nel Salento intorno alla metà del 1700. Il culto diventa popolare perchè San Vito ha qualità taumaturgiche molto apprezzate dal mondo contadino. Nel '700 usciamo da una lunga congiuntura epidemica, la peste non c'è più, così come altre calamità naturali che hanno colpito le campagne e frenato la produzione agricola.

Questo culto sembra proteggere più di altri il lavoro dei campi. San Vito è infatti inteso non come protettore del morso dei cani, ma come protettore dei campi.

La devozione per il Santo a Carmiano si è sviluppata in un periodo, il secondo settecento, in cui l'economia era in costante crescita. La prosperità agricola e il trend economico produttivo positivo, ne hanno facilitato l'affermarsi. La prima fiera di San Vito di cui si ha un segnale è stata fatta sul finire degli anni '80 del 1700. Ma rimase un episodio singolo, che non si verificò negli anni successivi. Era una fiera legata innanzitutto ad un'annata positiva delle campagne, inoltre serviva come mercato per vendere il surplus della produzione ricavata. La fiera quindi è nata per cercare di aprire un mercato nuovo che Carmiano non aveva, ma soprattutto è nata come ringraziamento al Santo protettore per l'annata positiva, e anche come propiziatoria per la nuova stagione agricola.

L'esperimento della fiera del '700 era un segnale che si stava uscendo da un'economia pre-capitalistica dove c'era solo il baratto. Poi della fiera si sono persi i riferimenti documentari degli anni successivi fino all'inizio dell'ottocento in cui riappaiono negli anni 20-30.

Nonostante non ci sono notizie sulla fiera, il culto evidentemente continua. La devozione a San Vito rimane, e si concretizza nella vecchia chiesa parrocchiale abbattuta nel 1962, con un altare innalzato a suo nome e con una tela che raffigura il Santo accompagnato dai cani, e dai Santi Modesto e Crescenza, che lo hanno educato. Questa tela viene posta in un altare che era riservato ad una vecchia immagine della Natività della Vergine. Scelta che creò qualche incomprensione tra i devoti. E' immaginabile quindi che ci sia stato un conflitto tra fedeli, comunque difficile da raccontare e verificare. Sappiamo che il vescovo intervenne e dopo una lunga discussione si decise di mettere insieme entrambe le tele. Questa è l'unica testimonianza che ci conferma che il culto di San Vito a Carmiano è vivo. Il culto, tra la gente, soprattutto nelle campagne, continua a sopravvivere.

Da li a poco - prosegue il docente - a metà ottocento il paese vive una nuova lotta religiosa per l'Immacolata che distrae dal culto di San Vito. Per 10 anni (1854-64) si parla solo dell' Immacolata. Si discute su quale dei due simulacri raffiguranti la Madonna doveva essere portato in processione: la Madonna dei Lecciso o della Confraternita. Quando la lotta si ricompone,  il clero della parrocchia, escluso dalla vicenda, ha tutto l'interesse a rilanciare il culto di San Vito, poiché tale culto nasce nella parrocchia e non nella chiesa extraurbana dell'Immacolata (erano due poli devozionali molto distanti).

Il clero perciò conta di rilanciare questo culto come culto alternativo alla Madonna Immacolata. Lo ripropone con forza intorno al 1870 attraverso il recupero della tela l'intitolazione certa dell'altare e il ripristino della festa. Tuttavia, la festa liturgica di San Vito è il 15 giugno. Si elabora però un concetto molto vecchio in cui si ammette che la festa patronale può differire la festa liturgica e quindi si sposta nella data di fine ottobre come sperimentato nel '700. Ma non è un processo tranquillo.

La prima fiera dell'800 riconducibile alla nostre conoscenze è datata intorno al 1887/88. Alle origini era soprattutto agricola e zootecnica e si teneva sempre di domenica in contemporanea con la festa civica. Infatti, le “nundine” (le fiere) dei piccoli paesi del mezzogiorno come il nostro, sono nate sempre nei giorni festivi sin dal medioevo.

La fiera iniziale si svolgeva nella zona del “Trappeto vecchio”, nell'area compresa tra via Lecce, Palazzo Celestini e la vecchia chiesa di San Giovanni. Dalle carte d'archivio si apprende che la fiera si ha in maniera ciclica, con piccole interruzione, solo nel '900 e va ad affiancarsi alla festa patronale.

Particolare è la vicenda risalente al 1951 in cui il nuovo Vescovo chiede al parroco Don Vergori, notizie in merito al coprotettorato di San Vito. Il Clero risponde al Vescovo definendo tale festa come eredità religiosa voluta dai fedeli ed è fissata per la quarta domenica di ottobre. In merito alla vicenda però si è perso negli archivi un fascicolo importante della metà dell'800 intitolato “Fiera di San Vito” che avrebbe aiutato ad approfondire meglio la storia del culto del Santo. Adesso la fiera è un punto di riferimento solido e permanente, anche se il processo storico che dura 200 anni è stato tortuoso, quasi rapsodico.

La fiera moderna che si svolge su via Roma, chiosa Mario Spedicato, è altro rispetto al passato e lo spostamento al lunedì è un compromesso di fine '900 deciso per opportunità extra-liturgiche”.

 

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