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Sabato, 14 Dicembre 2024
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Carmiano e Magliano: un destino comune

Carmiano e Magliano: un destino comune

Carmiano e Magliano nascono come casali dello stesso feudo, quello che a partire da metà Quattrocento in poi è posseduto dai padri Celestini di Lecce. Hanno per questo motivo strutturale una storia parallela, con amministrazioni autonome ma solidali e compartecipate, storia rotta dal rifiuto di Magliano di dare seguito al censimento fiscale di metà Settecento. Da allora esplodono controversie che privano Magliano di un sindaco legittimato dai tribunali napoletani, assoggettando il piccolo centro in maniera definitiva alle dipendenze amministrative di Carmiano. Da quel momento in poi, nonostante l’avvicendarsi di governi municipali unitari che garantiscono un’equa rappresentanza delle due comunità, prevalgono risentimenti e dissapori di una parte della popolazione maglianese che non creano sintonia tra i due nuclei urbani. Soprattutto nel corso dell’Ottocento cresce l’antagonismo tra Carmiano e Magliano senza un’evidente ragione storica. Le due comunità dopo l’abolizione della feudalità avvenuta nel 1806 (il feudo torna al Demanio e quindi nelle competenze dell’unica amministrazione civica riconosciuta, quella espressa da Carmiano) non riescono a trovare un’unità di intenti, finendo per far emergere differenti livelli di crescita urbana fino allora oscurati e accettati in maniera poco rassegnata. Si scopre così solo tardivamente che la comunità di Magliano nel passato era stata pesantemente condizionata dalle scelte dei padroni del feudo, ovvero dei Celestini di Santa Croce di Lecce, prefigurando uno scenario che favorisce in forma esclusiva ed irreversibile Carmiano.

Sin da metà Quattrocento, in coincidenza con l’acquisizione-donazione del feudo da parte dei Celestini, Magliano si vede innanzitutto penalizzato dalle strategie logistico-amministrative dei nuovi feudatari che come primo atto scelgono di costruire il loro palazzo baronale (il vero centro del potere locale) in prossimità del nucleo abitato di Carmiano (pozzo dello casale), sull’unica via carrozzabile del tempo, via Lecce appunto, che tagliava fuori dal circuito delle comunicazioni proprio il piccolo centro di Magliano, il cui isolamento finisce per segnare negativamente le dinamiche di sviluppo urbano. La scelta della residenza signorile in Via Lecce si rivela strategica per Carmiano in quanto assicura un collegamento diretto con il capoluogo, ma più complicata per gli abitanti di Magliano costretti, invece, a passare da Carmiano per immettersi sull’unica strada carrozzabile. A Lecce in antico regime e fin oltre l’Unità d’Italia si arrivava non come oggi (per Arnesano o Villa Convento) ma passando attraverso la densa foresta che lambiva l’attuale Villa Maresca, per immettersi sulla traiettoria che affiancava il sopravvissuto rione Li Riesci-Li Tufi, proseguendo nel feudo di Arnesano in direzione della chiesa rurale di Madonna di Montevergine e finendo il suo percorso alle spalle dell’odierna caserma Zappalà (ancora oggi segnalata come via Vecchia Carmiano). A Lecce la maggioranza dei carmianesi e dei maglianesi andava a piedi per il disbrigo dei loro affari. In tre-quattro secoli di storia (secc. XV-XVIII) nessuno degli abitanti delle due comunità ha denunciato il possesso di una carrozza. Tranne due personaggi: Il titolare del feudo (l’abate dei Celestini) e l’architetto Giuseppe Zimbalo nei dieci anni (1644-54) in cui ha mantenuto la residenza a Carmiano dopo il matrimonio con Vittoria Indricci. Zimbalo, a differenza però dell’abate, non era proprietario di una carrozza classica (come quella conosciuta nei film d’epoca), ma di un modesto biroccio (strumento di trasporto che precede l’ammodernato calesse), con il quale scarrozzava a Lecce nei suoi quotidiani trasferimenti per lavoro anche altri paesani (parenti della moglie, parroco e preti delle due parrocchie, amministratori locali e anonimi cittadini). Dati i buoni rapporti tra lo Zimbalo e i Celestini di Santa Croce spesso l’architetto si prestava a fornire il servizio gratuito (il cosiddetto passaggio) anche agli esattori e/o ai fiduciari del barone, quando quest’ultimo era impedito ad assicurare la sua presenza in loco.

Gli amministratori di Magliano subiscono questo percorso viario, cercando con ritardo di porre un parziale rimedio. Nel corso del Seicento la municipalità si fa interprete dell’animo devoto, sostenendo l’erezione di una chiesa rurale non distante dall’abitato e in prossimità della carrozzabile per Lecce, la cappella tuttora esistente della Madonna del Bosco (titolo non casuale, rispecchiando a quel tempo fedelmente la toponomastica del luogo) che facilita i collegamenti della popolazione locale con il capoluogo senza passare inevitabilmente da Carmiano. Una scorciatoia che emancipa certamente Magliano dalla vecchia dipendenza stradale segnata dai Celestini, ma che non risolve il problema del suo isolamento urbano. Altri ostacoli lo rendono irrisolvibile e tra i tanti, quello legato al lento disboscamento del suo territorio. Il primitivo nucleo abitato sembra per lungo tempo soffocare dentro una vasta area boschiva, gran parte della quale non si riesce a recuperare all’agricoltura e alla messa a coltura di prodotti di prima necessità. Mentre per Carmiano i Celestini accelerano in forme diverse la deforestazione, allargando il primo nucleo urbano con la nascita di nuovi quartieri (la Gagliardina per esempio) con la migrazione di manovalanza lavorativa forestiera (in buona parte proveniente dall’Albania), per Magliano invece non si assiste ad iniziative della stessa portata, relegando il piccolo centro abitato ad un ruolo subalterno, neppure sussidiario al primo. Da qui la differente crescita demografica che segna in maniera emblematica il destino dei due casali.

A metà Quattrocento a Magliano risultano censite 10 famiglie, tre in meno di quelle accertate nello stesso periodo a Carmiano. Si parte da una presenza abitativa grosso modo uguale, ma che nel secolo successivo in seguito ai fatti prima ricordati (insediamento dei Celestini con il loro palazzo baronale, apertura della strada carrozzabile per Lecce, diverso disboscamento del territorio) le distanze tra le due comunità si allargano, diventando incolmabili. A fine Cinquecento Magliano registra la presenza di 60 famiglie, appena un terzo di quelle che vengono censite a Carmiano. Il rapporto di uno a tre resta inalterato nel corso del Seicento, riducendosi però durante il Settecento quando Magliano lambisce i 400 abitanti e Carmiano non riesce a superare le 1000 unità. La situazione demografica per Magliano evolve negativamente nell’Ottocento, dopo la perdita dell’autonomia amministrativa. A fine secolo la frazione denuncia una popolazione ancora lontana dai mille abitanti, mentre Carmiano ne registra più di quattro volte tante, superando di gran lunga le 4000 anime. Nel corso del Novecento le differenze si cristallizzano pur dentro una fase espansiva che porta la popolazione totale dei due centri ad oltrepassare le 12.000 unità, ma solo un quarto di esse risultano espresse da Magliano.

E’ innegabile che la mancata (o ridotta) crescita insediativa di Magliano sia per un verso riconducibile alla politica gestionale del feudo da parte dei Celestini e per l’altro alla perdita dell’autonomia amministrativa che finisce per accentuare il diverso percorso demografico e per segnare inevitabilmente l’isolamento comunitario. Questa marginalità urbana non è stata mai pienamente accettata dalla popolazione maglianese, che ha cercato di far pesare il suo decisivo apporto sulle sorti dell’amministrazione comunale di Carmiano spesso affidandosi a personaggi opachi, come Paolino Rosato (conosciuto dalle generazioni successive come il “brigante” di Magliano), chiamato più volte a ricoprire il mandato di decurione (assessore nel governo locale), ruolo esercitato con spregiudicatezza e protervia, con frequenti soprusi e angherie nei riguardi di cittadini inermi e finendo per dare una rappresentanza oltre modo negativa ad un microcosmo abitativo, Magliano appunto, che cercava ad inizio Ottocento un rapido riscatto sociale dopo il declassamento amministrativo. Le rivendicazioni campanilistiche, pur senza esplodere in rivolte, alimentano l’antagonismo tra i due centri riuniti sotto un solo municipio, perdurando oltre il dovuto, ma con l’Unità d’Italia la marginalità urbana della frazione tende gradualmente ad essere superata attraverso l’elaborazione e poi la realizzazione delle nuove arterie stradali. Tra fine ‘800-inizio ‘900 Magliano si vede assegnare un ruolo centrale (di passaggio obbligato) nel collegamento viario con Lecce, rovesciando l’antica sudditanza con Carmiano. Viene abbandonata la vecchia carrozzabile tracciata dai Celestini nel tardo Quattrocento e attivata l’arteria Magliano-Arnesano-Lecce che diventa la nuova strada su cui far confluire il traffico prima dei rudimentali traini e birocci e poi nel Novecento inoltrato anche dei motori a scoppio. Carmiano a sua volta si apre a collegamenti più rapidi con i paesi limitrofi, con la messa in opera di infrastrutture viarie a raggiera con Novoli, Salice, Veglie, Leverano, Copertino e Monteroni. Si creano solo a metà del XX secolo le condizioni per una nuova fase di sviluppo, accomunando i due centri, Carmiano e Magliano, in un unico progetto di rinascita sociale ed economica-produttiva. Bisogna attendere insomma i decenni a noi più vicini per capire che capoluogo e frazione sono una sola comunità legati indissolubilmente da un comune destino.                                       

Mario Spedicato

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